Come migliorare la terapia genica
della sindrome di Angelman
DIANE
RICHMOND
NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 14 maggio
2022.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Lo scorso anno ci siamo occupati della sindrome di
Angelman in un articolo che recensiva un’importante scoperta, e al quale mi
rifarò ampiamente in questo aggiornamento sulla terapia genica. Ecco come si
introduceva l’eziologia genetica e la necessità di ricerca per questa malattia
che sembra conferire buon umore ai bambini colpiti:
“La sindrome di Angelman è causata dal
difetto di espressione del gene UBE3A localizzato sul cromosoma 15 nella
regione 15q11-q13, parte della via dell’ubiquitina; infatti UBE3A codifica una
ubiquitina ligasi i cui target di ubiquitinazione sono MAPK1, PMRT5,
CDK1, CDK4, β-catenina, e altri da confermare.
Rimandando alle trattazioni specialistiche per le peculiarità
genetiche e, in particolare, per gli effetti dell’imprinting cromosomico
scoperto proprio studiando la genetica della sindrome di Angelman, si vuole qui
sottolineare che, se si eccettua la terapia dell’epilessia secondaria, quando
presente, e i trattamenti logopedici, psicomotori e fisioterapici per
migliorare prestazioni, sviluppo e parametri fisiologici, non esiste ad oggi
una vera terapia per questa malattia genetica e, dunque, il proseguire delle
ricerche appare quanto mai necessario”[1].
Questa rara malattia genetica neuroevolutiva comporta
sintomi gravi, quali la disabilità intellettiva e i disturbi motori, che
condizionano tutta la vita e per i quali non si dispone di trattamenti
efficaci. Una possibilità terapeutica è costituita dalla terapia genica[2] che introduce
una copia funzionante del gene UBE3A. Austin Nenninger e colleghi, che in
precedenza avevano dimostrato che virus ricombinanti adeno-associati (rAAV) esprimenti
Ube3a di topo potevano compensare il deficit in un modello murino sperimentale
della malattia, hanno ora dimostrato che questo approccio può essere replicato con
successo in un altro modello della sindrome con il gene UBE3A umano.
(Nenninger
A. W., et al. Improving Gene Therapy for Angelman Syndrome with
Secreted Human UBE3A. Neurotherapeutics – Epub ahead of print doi: 10.1007/s13311-022-01239-2, May 9, 2022).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Molecular Pharmacology and Physiology,
Morsani College of Medicine, University of South Florida, Tampa, Florida (USA);
Department of Molecular Medicine, Morsani College of Medicine, University of South
Florida, Tampa, Florida (USA).
Prima di
esporre in sintesi i risultati dello studio qui recensito, si propone un’introduzione
clinica alla sindrome di Angelman, tratta dal citato articolo del professor
Rossi:
“La
sindrome per la prima volta descritta nel 1965 da Harry Angelman in tre bambini
portatori di disabilità neuropsichica ma dall’umore sempre allegro è oggetto di
intensi studi dagli anni Ottanta, quando Dooley e colleghi (1981) e Williams e
colleghi (1982) riportarono le prime casistiche di questo raro disturbo
genetico neuroevolutivo definendolo puppet-like o happy puppet
syndrome of Angelman, riprendendo la caratterizzazione che aveva
dato lo stesso scopritore.
Angelman,
infatti, aveva accostato l’aspetto di questi bambini a quello del Fanciullo
con disegno (in inglese noto come Boy with a puppet), un dipinto del
pittore veneto del Cinquecento Giovan Francesco Caroto, che ritrae un ragazzo
sorridente con in mano un approssimativo disegno infantile di una persona, che
deve essere stata scambiata per una marionetta, puppet, appunto. La
fisionomia del bambino del quadro ricorda in modo molto evidente i tratti
morfologici del viso dei bambini affetti da questa rara patologia genetica
neuroevolutiva, e Angelman associava anche il loro stile posturale a quello di
una marionetta. L’elemento che più colpisce in questi bambini con ritardo mentale
e vari problemi logopedici e psicomotori è un tono dell’umore sempre positivo con
tendenza al sorriso e facilità al riso, talvolta con frequenti scoppi di risate.
Da un
punto di vista clinico è evidente che il difetto genico interessa prevalentemente
il sistema nervoso con microcefalia, disabilità intellettiva, crisi convulsive,
disabilità evolutiva, deficit del linguaggio fino ad afemia, atassia del passo,
instabilità, difficoltà di equilibrio, movimenti tremuli. Si è già detto dell’apparente
caratteristica di personalità, definita in UK e USA happy demeanor (lett.:
contegno felice), si aggiunge che mostrano un grande interesse per l’acqua.
Il viso appare
lievemente dismorfico con bocca larga, pliche epicantiche bilaterali,
telecanto, mani con palme lisce e dermatoglifi anomali, pollici grossi
particolarmente alla prima falange e dita, in generale, un po’ deformate a cono”[3].
Torniamo
ora allo studio qui recensito.
Austin
Nenninger e colleghi, dopo aver sviluppato il modello di sindrome di Angelman
con il gene di UBE3A umano, hanno affrontato il problema della limitazione
nella distribuzione del vettore nel cervello sviluppando una nuova forma
modificata di UBE3A. Questa proteina modificata, denominata STUB, è stata
disegnata con un segnale di secrezione e un peptide che penetra la cellula;
questo consentiva alle cellule trasdotte di funzionare come laboratori di
produzione della proteina UBE3A che poteva essere captata dalle cellule vicine
non trasdotte, in tal modo accrescendo notevolmente il numero dei neuroni riceventi
la proteina terapeutica.
Combinando
questo costrutto con iniezioni intra-cerebro-ventricolari per massimizzare la distribuzione
di rAAV nel cervello, gli autori dello studio hanno dimostrato che questo nuovo
approccio migliora il recupero dei deficit comportamentali ed elettrofisiologici
nel modello della sindrome ottenuto nel ratto. Infine, i ricercatori hanno
comparato rAAV-STUB a rAAV esprimente il gene umano normale UBE3A, rilevando
che STUB aveva un’efficacia significativamente superiore.
Concludendo,
rAAV-STUB sembra candidarsi in modo convincente al ruolo di nuova terapia per
la sindrome di Angelman.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle
recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE”
del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Diane Richmond
BM&L-14 maggio 2022
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scientifica e culturale non-profit.
[1] Note e Notizie 16-10-21 Una
scoperta per la sindrome di Angelman.
[2] A proposito di terapia genica,
lo scorso 9 maggio è stata comunicata alla comunità medica italiana la
guarigione del 90% dei casi di beta-talassemia trattati con terapia genica.
[3] Note e Notizie 16-10-21 Una
scoperta per la sindrome di Angelman.